Fresh and Fried

Lasciate ogni speranza, o voi che magnate.

Se dovessi descrivere la mia esperienza dentro sto locale co n’pensiero, sarebbe che annà a magnà er pesce a Montesacro è stata “n’ideademmerda”.

Dopo avè scarpinato pe parecchio (colpa de n’calo glicemico, ha influenzato il mio senso d’orientamento) so arrivato in cima a sta collina dove regna sto posto dal doppio nome. Se già questo mandava in paranoia la mia dislessia de merda, pensate come me so sentito, quando me so reso conto che dovevo magnà a n’posto che se chiama fish and fries e ,invece, sull’insegna ce stava scritto:

“FRESH AND FRIED” / “OYSTER PUB”.

“Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai in una selva oscura,

che la diritta cucina era smarrita”

C’accoglie na cameriera dal sorriso gentile, che però decide di piazzarci davanti all’ingresso dove lei presiede la scena, (desolata, c’eravamo solo noi), esattamente come farebbe il cane a tre teste con la porta dell’inferno.

Se sedemo e subito ve posso dà na dritta. A che cazzo ve serve n’estetista quando c’è Fresh and Fried? L’unticcio dei tavoli esterni è stata la migliore e più efficiente ceretta della mia vita.

Proseguendo il viaggio nel nostro personale girone dantesco, abbiamo preso la frittura mista, che ha rappresentato l’unica pietanza, insieme al sautè di cozze, accettabile di tutto il menù. Nel vederci servire i primi, il collegamento cervello/occhio ha smongolato, ritrovandosi catapultato in un impiattamento degno di uno “chef” cocainomane, rimasto bloccato sotto ghiaccio negli anni 80’.
Sto prezzemolo spruzzato ovunque, su sti piatti enormemente bianchi, usati come tele, tele sporcate dal verde sangue dei nostri antenati.

Io non avevo mai visto piangere una parte del mio corpo che non fossero gli occhi, ma dagli angoli della mia bocca lacrime amare uscivano nell’assaporare, in quest’ordine: Un piatto de orecchiette cozze e pecorino, in cui ce stavano ste scaglie de formaggio manco fosse n’mazzo de rucola e pachino. Allo stesso tempo ingombrante alla vista, ma totalmente insipido e assente nel gusto.

Na pasta telline e lime, che è risultata esse stata du spaghetti in bianco (lime non pervenuto) co n’secchio de telline buttate sopra (pe magnà te devi portà na pala).

Linguine all’astice, dopo aver constatato la loro gommosità, abbiamo comprato una bandiera co scritto Romaffamata e l’abbiamo messa a mezz’asta, in segno di lutto.

Più poggiavano sul tavolo i piatti, più pensavo che sarebbe stato di gran lunga meglio se me li avessero sbattuti forte in testa. Forse co n’trauma cranico riuscirei ad apprezzare na cucina inventata appositamente per poter far dire “ho fatto na cena de pesce” anche a chi non c’ha na lira.

La qualità del pesce non è pessima, se non altro la sua freschezza è garantita dagli enormi vasconi che dominano l’interno, arredato esattamente come farebbe un bambino di otto anni, nel caso volesse descrivere la sua idea di “ambiente marinaresco”.

La freschezza del pesce dovrebbe essere una base da cui partire, ma na base senza basi (de cucina) assomiglia ai resti de na torre che se ferma, monca, al primo piano.

“E quindi uscimmo a riveder le stelle”

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